Il (bad) buzz, il più cool della giungla

Brand Content, Case study, Social Media

7 Feb, 2018

Seguendo la logica della resistenza, i consumatori si stanno organizzando sempre di più per esprimere la propria opinione sui brand attraverso i social network. Che le osservazioni siano buone o cattive (ma certamente sopratutto quando si tratta di quelle cattive) il tribunale 2.0 ha sempre ragione. Spetta quindi ai brand di trovare il modo per spegnere l’incendio.

Così, con la polemica “The Coolest Monkey in the joungle” H&M ci ha offerto del bad buzz all’inizio dell’anno. E se tutto questo fosse stato fatto per generare buzz?

Analisi in 3 step di un buzz non troppo cool

Primo step: un cattivo giudizio

Tutto comincia alle prime ore del 2018, quando gli utenti di Twitter notano che sul sito britannico del brand una felpa verde per bambini riporta il messaggio “Coolest Monkey in the Joungle”.

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Sarebbe potuto essere semplicemente un capo d’abbigliamento carino, salvo per il fatto che il retailer ha utilizzato come modello un bambino nero, cosa che gli utenti di Twitter hanno definito rapidamente “razzismo ordinario”.

A peggiorare le cose, H&M ha creato altre due versioni della stessa felpa: una con il messaggio “Mangrove Jungle Survival Expert ” e l’altra semplicemente con diversi animali della giungla utilizzando un bambino bianco. H&M non ha voluto commentare questo punto. Anna Eriksson ha dichiarato solo che l’immagine è stata “rimossa da tutti i canali H&M”.

A peggiorare le cose, degli utenti si sono resi conto che la felpa con il cappuccio era ancora in vendita sul sito web del Regno Unito. “Ci scusiamo con chiunque si sia sentito offeso”. Un po’ leggero e ingenuo… soprattuto pochi mesi dopo che anche il brand Dove era stato coinvolto nella stessa tipologia di polemica.

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Secondo step: un recupero globale

La risposta del brand non è stata sufficiente, la polemica si gonfia molto rapidamente attraverso migliaia di tweet e retweet degli utenti. La questione si espande a macchia d’olio fino ad arrivare alle celebrità.

Successivamente delle star come The Weekend, Puff Daddy, LeBron James o Romelo Lukaku postano dei messaggi per rescindere il contratto con il brand o denunciare l’iniziativa del brand di prêt-à-porter.

Il brand non parla più, le celebrità parlano per lui. È già troppo tardi.

 

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Terzo step: delle scuse che arrivano troppo tardi

Come ogni grande brand che si rispetti, H&M prende finalmente coscienza della gravità del suo errore e moltiplica tardivamente e in modo maldestro le sue attività di risposta tramite dei comunicati stampa, interviste e articoli su blog:

Sur Pitchfork: “Comprendiamo che molte persone sono state contrariategocando dall’immagine. Noi che lavoriamo da H&M non possiamo che essere d’accordo. Siamo profondamente dispiaciuti che la foto sia stata scattata e ci dispiace inoltre per le reazioni che questa ha scatenato. Di conseguenza non solo abbiamo rimosso l’immagine da tutti i nostri punti vendita, ma anche il capo in questione a livelllo globale.
È evidente che il nostro processo non è stato seguito correttamente. Senza ogni dubbio. Studieremo attentamente il motivo per cui è accaduto ciò per evitare che questo tipo di errore si verifichi di nuovo.”

Fase bonus: da buzz a bad buzz?

E se tutto questo fosse un grande trucco? Dopo alcune settimane di indignazione, molti comunicatori si sono chiesti se questo bad buzz non fosse stato orchestrato preventivamente da H&M. In effetti, dopo un 2017 molto complicato, le performance di vendita dell’azienda sono state particolarmente negative sui loro siti di e-commerce.

Pertanto, per aumentare le vendite e fare ridurre lo stock, l’azienda sarebbe stata tentata di creare e controllare il propio bad buzz per stimolare le vendite e aumentare la notorietà della sua e-boutique.

Una strategia rischiosa, perchè scegliendo di assumere un’immagine controversa in modo effimero, H&M avrebbe scommesso sulla generazione di traffico sui suoi siti e-commerce a corto e medio termine.

Yannick Lefang descrive il processo in questo modo: “In sintesi, H&M crea un putiferio con una pubblicità controversa, quindi vende prodotti sul rinforzo di stereotipi e acquisto d’impulso.”.

Strategia di comunicazione machiavellica o grande imbarazzo: ognuno avrà un’opinione sulla questione… ma giocando con i codici di genere, razza o religione, i brand si avventurano sempre deliberatamente in un territorio pericoloso, quello della polemica dove l’unica legge che esiste è la legge della giungla.

 


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